Scompare a Milano il 29 marzo 2013 a 77 anni Enzo (Vincenzo) Jannacci. E' stato cantautore, cabarettista, attore e cardiologo milanese, tra i maggiori protagonisti della scena musicale italiana del dopoguerra, ma anche precursore di una acuta satira politica nelle sue canzoni, talvolta censurate dalla ottusa direzione dei media.
Lo ricordiamo per alcune delle sue canzoni più note tra le quali "Vengo anch'io. No, tu no" e "Ho visto un re". "Vengo anch'io, no tu no" diventa in breve tempo campione di vendite e balza in cima alle classifiche italiane, giungendo al primo posto dell'hit parade di Lelio Luttazzi. Una fine satira politica e sociale traspare anche in questa che diviene la canzone più celebre dell'omonimo album, il cui exploit è certamente dovuto all'apparente semplicità ed orecchiabilità del testo ed in particolare del ritornello. Colui che pronuncia la ricorrente domanda «Vengo anch'io?» e che viene respinto dagli altri con un eloquente quanto significativo «No, tu no», per alcuni simboleggia il tipico personaggio che, secondo l'immaginario collettivo, cerca ad ogni costo di non sentirsi escluso dal gruppo di amici a cui si riconduce, chiedendo di poterci essere -qualunque sia il progetto e l'intenzione della massa- come tutti gli altri.
"Ho visto un re", brano cantato insieme a Dario Fo appare al primo ascolto ironico e nonsense, ma in realtà è infuso di metafore a sfondo politico. Non a caso, diventa uno dei brani simboli del '68, amato proprio per la sua apparente innocenza che nasconde una graffiante satira sociale.
Caposcuola del cabaret italiano, Enzo Jannacci, nel corso della sua cinquantennale carriera, ha collaborato con svariate personalità della musica, dello spettacolo, del giornalismo, della televisione e della comicità italiana, divenendo artista poliedrico e modello per le successive generazioni di comici e di cantautori.
Autore di quasi trenta album, alcuni dei quali rappresentano importanti capitoli della discografia italiana e di varie colonne sonore, Enzo Jannacci, dopo un periodo di ombra nella seconda metà degli anni novanta, è tornato a far parlare di sé ottenendo vari premi alla carriera e riconoscimenti per i suoi ultimi lavori discografici.
È ricordato come uno dei pionieri del rock and roll italiano, insieme ad Adriano Celentano, Luigi Tenco, Little Tony e Giorgio Gaber, con il quale formò un sodalizio durato più di quarant'anni.
La carriera di musicista inizia negli anni cinquanta. Dopo il diploma in armonia, composizione e direzione d'orchestra ed otto anni di pianoforte presso il Conservatorio di Milano con il maestro Gian Luigi Centemeri, inizia – all'età di vent'anni – a frequentare gli ambienti del cabaret, mettendo subito in mostra le proprie doti di intrattenitore e presentatore. Nel frattempo, si avvicina al jazz e comincia a suonare in alcuni locali milanesi, ma contemporaneamente scopre anche il rock and roll, genere nuovo che stava ottenendo grande successo in America con artisti del calibro di Chuck Berry e Elvis Presley.
Come jazzista suona con musicisti dello spessore di Stan Getz, Gerry Mulligan, Chet Baker e Franco Cerri, con i quali registra numerosi dischi, mentre è da Bud Powell che impara a lavorare sulla tastiera prevalentemente con la mano sinistra. Dopo i primi 45 giri incisi con Gaber, debutta come solista con canzoni quali L'ombrello di mio fratello e Il cane con i capelli: sono brani nei quali il cantautore milanese fa già intuire uno stretto rapporto tra la musica e la comicità surreale, un legame che caratterizzerà gran parte della sua produzione artistica. A questo filone, quasi precursore del demenziale (che lui stesso definisce "schizo", abbreviazione di schizoide), si affiancano subito brani più romantici ed introspettivi, come Passaggio a livello, delicata canzone d'amore che Luigi Tenco reincide valorizzando Jannacci anche come autore e pubblicata dalla Tavola Rotonda insieme a Il giramondo nel 1961.
Enzo Jannacci muore a Milano il 29 marzo 2013 alla clinica Columbus, ove era ricoverato da lungo tempo per un tumore.
[Fonte: Wikipedia]